L’ANSIA COME STRUMENTO POSITIVO DI SEGNALAZIONE DI UN PERICOLO L’ansia può essere definita come un vissuto emotivo, di tonalità spiacevole, collegato a un’attivazione fisiologica di vario tipo e intensità, che ha la funzione di segnalare, alla persona che ne fa esperienza, l’esistenza di un pericolo in un qualche momento e luogo futuro.
Come le altre emozioni, l’ansia ha la funzione positiva di consentire all’individuo di adattarsi all’ambiente nel migliore dei modi. Segnalando un pericolo nel futuro, l’ansia allerta la persona e la stimola a trovare una soluzione adeguata al problema imminente. Quando la persona trova la giusta strategia per risolvere la minaccia, l’ansia recede sullo sfondo, scompare, lasciando spazio a un senso di sollievo o di soddisfazione per la propria capacità di risoluzione del problema. Una ragionevole quota di ansia è un aspetto fondamentale della motivazione ad agire: la preoccupazione per un esame universitario ci spinge allo studio; la tensione che sale quando siamo in ritardo ci stimola a fare in fretta per evitare di perdere l’autobus.
Sono diversi gli stimoli in grado di essere percepiti come una minaccia, di attivare un segnale di allarme e di farci sentire in ansia. Le minacce alla nostra sicurezza possono essere fisiche, emotive, psicologiche. La complessità della società moderna ha creato nuove e molteplici possibili minacce: se le maggiori fonti di pericolo per l’uomo primitivo erano di natura fisica e riguardavano la sopravvivenza, oggi ci confrontiamo con minacce di natura prettamente emotiva, psicologica e sociale. Possiamo temere di perdere il lavoro, di non riuscire a pagare il mutuo, di perdere una relazione significativa, di non superare un esame, di fare una brutta figura. Alcuni eventi della vita sono intrinsecamente minacciosi e attivano un vissuto ansioso nella maggior parte delle persone; altre situazioni, invece, sono percepite come minacciose in base alle caratteristiche di personalità, alla cultura di appartenenza, ai valori.
Oltre alla natura dello stimolo, l’ansia è collegata al nostro senso di autoefficacia, cioè a quanto ci sentiamo capaci di affrontare con successo il pericolo che sopraggiunge. Se non sappiamo “dire di no”, un invito a cena può farci sentire in ansia, quando ci sentiamo stanchi o vogliamo restare in casa a leggere un buon libro. Se non riusciamo a farci valere nelle situazioni di conflitto, possiamo vivere in costante apprensione la possibilità che qualcuno ci rimproveri, anche ingiustamente, perché temiamo di non riuscire a far sentire le nostre ragioni e di sentirci delusi dalla nostra incapacità. Al contrario, potremmo sentirci a nostro agio in situazioni molto complesse e delicate, che richiedono notevoli capacità e nelle quali sono in gioco aspetti importanti del nostro futuro, quando sentiamo di avere competenze adeguate.
QUANDO L’ANSIA DIVENTA DISFUNZIONALE Da utile strumento di segnalazione del pericolo, l’ansia può trasformarsi in sintomo psicologico che causa notevole disagio e sofferenza. Questo può accadere perché la persona percepisce un oggetto, una situazione, un contesto, come più minaccioso/a di quanto esso/a sia in realtà, perché non riesce a superare una situazione di pericolo, perché si sente incapace di farlo o percepisce che il pericolo permane. In generale, l’ansia diventa disturbo quando è eccessiva e sproporzionata rispetto allo stimolo che la suscita. Spesso, nei disturbi d’ansia, la persona percepisce una minaccia che in realtà non esiste. Nei casi più gravi, la reazione ansiosa arriva a presentarsi in numerosi contesti e viene vissuta così intensamente da alterare seriamente la qualità della vita.
Per gestire la potente angoscia che ne deriva, le persone possono attuare comportamenti di evitamento delle situazioni temute che le conducono a limitare notevolmente la loro libertà di azione.
Un aspetto di particolare rilievo nella genesi di uno stato d’ansia è costituito dal fatto che l’ansia può agire come segnale di un pericolo che non è presente nel mondo reale, ma in quello mentale. In questi casi, il pericolo viene dall’interno, per esempio a causa di un conflitto interiore tra due aspetti di sé, tra due motivazioni, due valori o tra un valore e un impulso. L’ansia richiede alla persona di armonizzare e pacificare le parti in conflitto. Tuttavia, questo compito è tra i più difficili da assolvere, perché spesso le componenti in gioco sono inconsapevoli e quindi di difficile individuazione, per esempio perché esiste qualche aspetto di sé che la persona fa fatica ad accettare e riconoscere, che viene censurato ma che agisce sotterraneamente. Molti delle condizioni ansiose più radicate e disturbanti sono determinate da questa tipologia di conflitti.
La comprensione della genesi e delle determinanti di un disturbo d’ansia o di stati ansiosi che, pur non configurandosi come disturbo, causano disagio significativo, richiede attenti approfondimenti in ambito di consulenza psicologica e psicoterapeutica, non essendo possibile operare generalizzazioni che rischiano di esitare in riduttive banalizzazioni. È possibile, tuttavia, proporre uno schema esplicativo generale, sebbene non esaustivo, utile per una prima comprensione del fenomeno. Spesso, infatti, i disturbi d’ansia sono caratterizzati da due elementi: la preoccupazione eccessiva per la pericolosità di situazioni, oggetti, eventi; la sottovalutazione delle proprie capacità di far fronte ai pericoli.
Se una persona non si sente capace di difendersi dai potenziali pericoli, e/o percepisce il mondo come pieno di rischi e minacce, vive in una costante condizione di attivazione ansiosa, che logora le sue risorse fisiche, emotive e relazionali. Questa condizione, a sua volta, dà vita a un circolo vizioso, in cui la realtà è erroneamente percepita come sempre più minacciosa, mentre ci si sente sempre più vulnerabili e incapaci. In questi casi, iniziare un percorso di consulenza psicologica e psicoterapia è la scelta migliore per la risoluzione definitiva della sintomatologia ansiosa.
Nelle società occidentali, è estremamente diffuso l’utilizzo di psicofarmaci ad azione ansiolitica, che tuttavia agiscono solo a livello sintomatico e causano “tolleranza” (la loro efficacia tende a decrescere nel corso del tempo e sono richieste dosi sempre maggiori per ottenere lo stesso risultato). Soprattutto, gli ansiolitici non agiscono sull’origine del problema, che nella maggior parte dei casi non è biologica ma psicologica. Nei casi più gravi, è indispensabile una combinazione di terapia psicologica e farmacologica.