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Taccuino e penna stilografica

Il blog di Marco Marchegiani
- Psicologo e psicoterapeuta -

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DISTURBO D'ANSIA GENERALIZZATA: COME RICONOSCERLO, SUPERARLO E RITROVARE LA SERENITÀ


disturbo d'ansia generalizzata

Essere in ansia per gran parte della giornata è una condizione sempre più comune nella nostra società. Molte persone sono disturbate da preoccupazioni eccessive e faticano a gestire le proprie reazioni emotive. Quando l'ansia diventa generalizzata, la qualità della nostra vita può risentirne grandemente. In questo articolo, impariamo a riconoscere il Disturbo d'Ansia Generalizzata e a capire come superarlo.



L'ansia non è un disturbo ma può diventarlo


Ansia e paura sono reazioni naturali di fronte al pericolo. La paura è la risposta a una minaccia nel presente e ne facciamo esperienza quando ci sentiamo più deboli rispetto all'aggressore (reale o simbolico che sia). L'ansia, invece, ci segnala che la nostra mente prevede un pericolo nel futuro ed ha lo scopo di attivare le nostre risorse, ora, per fare in modo che la minaccia futura non si verifichi o che saremo in grado di affrontarla. Dal punto di vista fisiologico, la paura è più associata ad alterazioni del Sistema Nervoso Autonomo che ci preparano alla fuga o alla lotta, mentre l'ansia è più connessa a uno stato di tensione muscolare e vigilanza, finalizzati ad evitare o affrontare al meglio il pericolo futuro.

   Avere paura e ansia, di fronte a situazioni realmente minacciose, è salutare e protettivo. Non averle, sarebbe dannoso. Per questo, mi preoccupo che i miei pazienti capiscano che provare ansia non equivale ad essere deboli o malati. La cosa più importante è che questi "segnali interiori" siano ben funzionanti, e ciò che fa la differenza è il contesto in cui proviamo ansia, la sua quantità e persistenza.

   Il DSM V, il manuale diagnostico internazionale più utilizzato, considera "disturbi d'ansia" quelle condizioni che condividono caratteristiche di ansia e paura eccessive e i comportamenti disfunzionali che le persone utilizzano nel tentativo di gestire il disagio che ne deriva. I disturbi d'ansia, infatti, vengono differenziati tra loro in base al tipo di oggetto o situazioni che provocano ansia o paura, oppure in base ai comportamenti e ai pensieri associati. La prima cosa che è importante capire, quindi, è che il DSM V è un manuale diagnostico basato sui sintomi, che poco dice riguardo alle cause del problema. È fondamentare capire questo per evitare di cercare la soluzione del problema in un elenco di sintomi, quando essa si trova nella comprensione delle cause del disturbo, a cui deve seguire la rimozione degli ostacoli (interni ed esterni) alla soddisfazione dei bisogni della persona.



Il disturbo d'ansia generalizzata (DAG)


"La caratteristica essenziale del disturbo di ansia generalizzata è la presenza di ansia e preoccupazione (attesa apprensiva) eccessive, relative a una quanità di eventi o attività. L'intensità, la durata o la frequenza dell'ansia e della preoccupazione sono eccessive rispetto alla reale probabilità o impatto dell'evento temuto" (1).


Un aspetto caratteristico del disturbo è la grande difficoltà ad accantonare le preoccupazioni, al punto da non riuscire a prestare la giusta attenzione alle attività che sta svolgendo. Se si tratta di una persona adulta, le preoccupazioni riguardano in genere le attività ordinarie, le responsabilità lavorative, le questioni economiche o familiari, la salute dei propri cari, gravi disgrazie o semplici ritardi. I bambini tendono a preoccuparsi troppo delle proprie capacità o della qualità dei compiti o di altre prestazioni.

   Rispetto alle normali preoccupazioni, quelle che caratterizzano il disturbo d'ansia generalizzata sono più intense, eccessive, interferiscono con le cose da fare; sono più angoscianti, durano di più e si attivano frequentemente in assenza di reali fattori scatenanti (o meglio, i fattori scatenanti si mantengono spesso a livello inconscio, per cui la persona fatica a rintracciarli); infine, si tratta di preoccupazioni che si associano più spesso a sintomi fisici.

   Dal punto di vista diagnostico, per avere un disturbo d'ansia generalizzata, la persona deve presentare le seguenti condizioni, cioè soddisfare questi criteri diagnostici:

A) deve sperimentare ansia e preoccupazioni eccessive, nella maggior parte dei giorni e per almeno 6 mesi;

B) deve avere difficoltà a controllare la preoccupazione;

C) la sua ansia e preoccupazione sono associate ai seguenti sintomi:

  • irrequietezza, tensione, sentire di avere "i nervi a fior di pelle";

  • facile affaticamento;

  • difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria;

  • irritabilità;

  • tensione muscolare;

  • alterazioni del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, oppure sonno inquieto e insoddisfacente).

D) L'ansia, la preoccupazione o i sintomi fisici causano disagio significativo o compromettono la vita sociale, lavorativa o altre aree importanti dell'esperienza della persona.

E) La condizione non è conseguente agli effetti di droghe, farmaci o di specifiche condizioni mediche (come ipertiroidismo).



Diffusione e decorso del disturbo d'ansia generalizzata (DAG)


I disturbi d'ansia sono molto diffusi nella nostra società. Il solo DAG presenta un rischio del 9%, il che significa che il 9% della popolazione ne soffrirà nel corso della vita. Questo dato è preoccupante, se si pensa alla salute media della nostra società, ma è in qualche modo rassicurante per chi ne soffre: si tratta di una condizione comune, farne esperienza non significa essere strani o diversi, ma può e deve essere uno stimolo per chiedere aiuto e superare le difficoltà.

   Il DAG tende a cronicizzarsi e a fluttuare tra forme sindromiche e subsindromiche. Ciò significa che si alternano periodi con grande ansia e preoccupazione, che soddisfano i criteri diagnostici sopra riportati, a periodi in cui la persona, pur mantenendosi sofferente, si sente meno travolta dal disagio. Questo processo dura tutta la vita. I dati epidemiologici, quindi, ci indicano che, se non trattato, un disturbo d'ansia non si risolve da solo. La buona notizia è che disponiamo di interventi terapeutici molto efficaci e l'ansia cronica non deve essere il nostro destino, se non ci rassegniamo e decidiamo di agire per superarla.



Cosa fare se si soffre di un disturbo d'ansia.


  1. Pensa in modo diverso alla tua condizione.

    Spesso, i miei pazienti sono preoccupati di sapere se rientrano in questa o quella categoria diagnostica, temono di essere malati, pazzi, diversi dagli altri. Sentirsi dire che si ha un disturbo psicologico può essere destabilizzante per la propria autostima e generare timori circa il futuro. Le diagnosi possono gettare benzina sul fuoco. Per questo, fatico a usare questa terminologia nella pratica clinica, e nella vita in generale, proprio per l'etichetta negativa che crea. È fondamentale, invece, che le persone siano educate a intendere il concetto di "disturbo mentale" secondo una nuova prospettiva: quando una emozione diventa disturbante, ciò accade perchè la nostra mente sta funzionando in modo meno che ottimale e il disagio che proviamo ne è il segnale. Intraprendere un percorso di psicoterapia può aiutarci a "riprogrammare" noi stessi, imparando ad essere più efficaci nella soddisfazione dei bisogni. Quando i nostri bisogni sono soddisfatti, non siamo mai in ansia. Il nostro compito è costruire una personalità capace di soddisfare i nostri bisogni, tenendoci al sicuro e garantendoci il benessere. Un disturbo d'ansia non è altro che un momento di questo percorso di crescita.


  2. Prendi sul serio i danni causati dall'ansia cronica.

    L'ansia cronica è una condizione che causa molta sofferenza e danneggia grandemente la qualità della nostra vita. Ci sono però ulteriori motivi di preoccupazione. Al di là della specifica etichetta diagnostica, qualsisia sia il motivo per cui sperimentiamo ansia, se essa diviene cronica causa gravi danni al nostro corpo, perchè lo mantiene in uno stato di stress per periodi di tempo troppo lunghi. Come evidenziato dalla PNEI (psico-neuro-endocrino-immunologia), le ricerche scientifiche convergono nel dimostrare che lo stress cronico (l'iperattivazione dei sistemi dello stress) produce uno stato di infiammazione cronica che può restare silenziosa (cioè asintomatica) per diversi anni, prima di manifestarsi sotto forma di gravi patologie: malattie cardiovascolari (ipertensione, angine, infarto, ictus, aterosclerosi) malattie metaboliche (diabete, obesità, osteoporosi), malattie tumorali, malattie autoimmuni (artrite reumatoide, dermatite, Morbo di Crohn, colite ulcerosa), invecchiamento precoce.

    Per questo motivo, se ti accorgi di essere costantemente in uno stato di tensione o di avere anche solo uno dei sintomi sopra riportati (quelli al punto C) per un periodo di tempo continuativo, non rimandare la questione e attivati per risolvere il problema. I dati epidemiologici sono chiari: l'ansia cronica tende a strutturarsi in una condizione che si mantiene per tutta la vita, se non interveniamo con le opportune terapie. Lo stress cronico genera un'infiammazione silenziosa che, quando diviene manifesta, porta con sè patologie importanti che è meglio prevenire perchè difficili da curare.


  3. Chiedi aiuto al professionista giusto.

    Per alcune persone, chiedere aiuto significa ammettere un fallimento. Per questo, cercano di farcela da sole o rimandano la decisione. Spiego spesso ai miei pazienti che iniziare la psicoterapia è un atto di grande intelligenza e amore di sè. Come considereremmo una persona che, avendo l'automobile con una gomma a terra, insistesse a guidare su strada perchè si sentirebbe inadeguata a rivolgersi a un gommista? Dobbiamo risolvere ogni problema che la vita ci pone ricorrendo ai migliori strumenti di cui disponiamo. Andare dal dentista ai primi segnali di dolore significa essere solleciti verso la propria salute. Che senso avrebbe aspettare che il dolore diventi insopportabile prima di cedere all'inevitabile necessità di farsi visitare?

    Occorre poi chiedere aiuto alla giusta figura professionale. Coach, counselor e simili non sono abilitati al trattamento dell'ansia nè alla diagnosi psicologica, pur presentandosi come sostanziali alternative alla figura dello psicologo/psicoterapeuta. Posseggono competenze di base che rappresentano una piccola parte della professionalità di uno psicoterapeuta. Solo lo psicoterapeuta ha l'abilitazione per trattare ogni tipo di sofferenza psicologica. È infatti un professionista sanitario, a differenza di coach e counselor. La questione ha assunto negli anni passati rilevanza nazionale, al punto che il TAR del Lazio ha dovuto confermare che il trattamento del disagio psichico presuppone una competenza professionale ed una preparazione formativa non riconosciute ai counselors.



Trattamento del disturbo d'ansia generalizzata


Trattare efficacemente un disturbo d'ansia generalizzata è possibile se si parte dalla comprensione delle sue origini. Le cause di un disturbo d'ansia sono molteplici e i fattori coinvolti nella sua genesi possono essere diversi:

  • aspetti costituzionali (per esempio, una elevata sensibilità emotiva alla nascita che rende la persona più reattiva a ogni stimolazione ambientale);

  • esperienze di vita (traumi, eventi stressanti precoci, esperienze minacciose ripetute);

  • stile di personalità (ad esempio, il perfezionismo incrementa i vissuti stressanti, mentre la passività ci impedisce di proteggerci, mantendoci in balia delle situazioni);

  • strategie che la persona ha sviluppato per gestire l'ansia (l'evitamento non aiuta a risolvere i problemi, mentre l'aggressività li raddoppia);

  • convinzioni nucleari su di sè, sugli altri e sul mondo (se ci sentiamo incapaci, per esempio, ogni incombenza diventa una minaccia per la nostra autostima e genera ansia);

  • alterazioni neuroendocrine prodotte dallo stress cronico (che causano danni biologici, rendendoci sempre più vulnerabili all'ansia).


La terapia dei disturbi d'ansia deve quindi essere quanto più possibile integrata, considerando ed agendo:

  • sulle cause psicologiche;

  • sulle vulnerabilità temperamentali;

  • sul versante neurovegetativo e immunitario.


Tradizionalmente, si consiglia un approccio terapeutico che comprenda psicoterapia e psicofarmaci. Tuttavia, gli ansiolitici tradizionali, le benzodiazepine, oltre ad indurre tolleranza e dipendenza, causano importanti danni alla salute se assunti per periodi prolungati. Ad esempio, aumentano di oltre il 50% il rischio di sviluppare patologie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer (2). Per questo, ritengo molto fruttuoso rivolgersi ad alternative naturali ogni volta che ciò risulti possibile ed efficace. Integratori, nutraceutici, fitoterapici, psicobiotici, farmaci low dose, possono sostenere il lavoro psicoterapeutico, riparando le alterazioni neurovegetative indotte dallo stress cronico, senza ricorrere ai farmaci tradizionali, evitandone quindi gli effetti collaterali.

Una visione PNEI consente la strutturazione di un percorso integrato, capace di curare ogni aspetto della complessa architettura psicobiologica dell'essere umano.

Impostare il trattamento dei disturbi d'ansia partendo dall'aspetto psicologico consente di lavorare il cuore del problema. Se la psicoterapia è la premessa indispensabile, ad essa possono affiancarsi interventi accessori quali: tecniche di rilassamento, meditazione mindfulness, EMDR, tecniche cognitivo comportamentali per la gestione dei conflitti, il sostegno delle competenze relazionali e molte altre.


Fonti

(1) "Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali DSM-5", Raffaello Cortina ed.




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